In queste settimane estive mi sono presa una lunga pausa dai social media e, ammetto, anche dalla frequentazione della montagna. Ma come, verrebbe da chiedere, proprio nella stagione in cui si possono fare escursioni in alta quota e raggiungere le cime più elevate? Ebbene sì, dovevo “disintossicarmi”. Non tanto dalle terre alte per sé, quanto piuttosto dall’immagine della montagna sui social media, perpetuata ogni giorno dai numerosi post tra contatti e gruppi.
La percezione, da cui ho voluto distaccarmi, è quella di una montagna ridotta a mero sfondo delle nostre prestazioni fisiche. Moltissimi dei vari resoconti delle escursioni che compaiono sui social sono mero sfoggio di dislivelli e chilometri percorsi, quasi una gara a dimostrare di essere i più bravi e i più allenati. Per non parlare poi della maggior parte delle foto pubblicate: carrellate di selfie e ritratti, più o meno improbabili. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, personalmente, è stata vedere una foto di un uomo a torso nudo su una qualche vetta (credo) valsusina, in una posa alquanto autocelebrativa. Chiariamo subito: la posa non era sconveniente, tuttavia la fotografia mi ha profondamente disturbata. La montagna dove stava in tutta questa ostentazione di bicipiti? Che cosa mi importa di vedere i muscoli di un tizio sconosciuto su un gruppo pubblico dedicato alle escursioni?
Le terre alte sono diventate una moda: in città si calzano scarpe da trail running, i marchi di abbigliamento sportivo stanno creando linee dedicate alla vita urbana, influencer sparano ogni giorno sui vari canali media contenuti dal valore discutibile (davvero la salita al Rocciamelone è un’escursione facile???). Poi cammini sui sentieri e te li ritrovi con le sneaker ai piedi che vogliono fare “quel giro an anello dei rifugi ma non sappiamo nemmeno da dove parte il sentiero” oppure abbigliati super tecnici per scendere dall’auto e andare a mangiare la polenta.
L’immagine della montagna sui social è un’immagine molto spesso sfocata, distorta, ci racconta ben poco delle terre alte quanto piuttosto di noi stessi, schiavi dell’ansia di esistere, di esserci, di apparire. Di dimostrare di essere qualcuno, di fare cose grandiose. Una necessità tutta umana, che tutti (compresa la sottoscritta) abbiamo e talvolta subiamo.
Per fortuna tra i miei vari contatti e non solo, ogni tanto spuntava un racconto spontaneo di una gita o di un’escursione. Foto e parole condivise non per apparire ma per il semplice piacere di condividere un momento bello, un luogo che in loro ha lasciato qualcosa di positivo. Gocce di acqua fresca in un deserto di numeri.
Con queste parole non voglio demonizzare i social media, né i dati tecnici o i selfie. Sono tutti strumenti che abbiamo a disposizione per condividere esperienze, per prepararci a un’uscita o per azioni di marketing e pubblicità in caso di attività professionali. Siamo noi responsabili dell’utilizzo che ne facciamo, così come siamo responsabili di noi stessi ogni volta che ci apprestiamo ad andare in montagna, che non va certo presa con leggerezza (qui puoi trovare alcuni consigli utili per prepararti a un’escursione). Come per ogni cosa, occorrono preparazione e consapevolezza e i canali social non sono un’eccezione.
Torno a camminare nelle terre alte con uno spirito più leggero, spinta dalla curiosità e dal piacere di frequentare a conoscere ambienti straordinari. Facendo tesoro dei dati tecnici e usandoli per prepararmi al meglio, ma senza ansie da prestazione.
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