Quando si pensa alla Vallée de la Clarée, nella vicina Francia, subito saltano in mente il grazioso e piccolo paese di Névache e i due laghi più famosi, il lac Laramont e il lac du Serpent. Tuttavia, chi conosce un po’ questa valle sa che è ricchissima di laghi, cime e colli, con tante possibilità di escursioni. Tra le mete forse meno conosciute a noi italiani c’è sicuramente il Vallon du Chardonnet, un vallone laterale che offre ambienti naturali di grande bellezza e panorami inattesi, che lasciano letteralmente a bocca aperta.
Questo vallone ben si presta a piacevoli escursioni, che possono essere più o meno lunghe ed impegnative, a seconda di quanto si è allenati e si desidera camminare. La più classica e semplice è quella che porta al refuge du Chardonnet, ma per scoprire le tante meraviglie occorre fare qualche passo in più. La mia camminata inizia a Fontcouverte, nei pressi del campeggio, e scelgo di salire per un sentiero meno battuto, passando dai Chalets du Queyrellin con la piccola cappella di Saint-Apollonie che mi porta ad attraversare dei bellissimi pascoli alpini.
Dopo un primo tratto di salita si arriva a un bellissimo pianoro palustre, circondato da imponenti e suggestive guglie rocciose. La camminata procede senza fatica su dolci pendenze e permette di ammirare il paesaggio. Il cielo è solcato da qualche nuvola che crea affascinanti giochi d’ombra sulle rocce e sulle montagne circostanti. Man mano che si sale si può apprezzare l’ampiezza del Vallon du Chardonnet, così come le tante cime che costellano la valle.
L’escursione procede tra qualche rampetta di salita, mai troppo sostenuta, e gradevoli pianori, fino a giungere in prossimità dell’omonimo colle. È qui che accade la magia: la vista improvvisamente si apre sulla Barre des Écrins, la Meije e i loro ghiacciai, sul vallone dell’Alpe du Lauzet, sul Pic de la Moulinière e sulla valle della Guisane. La lista potrebbe continuare per righe e righe per quante sono le montagne che da qui si possono vedere!
Dal colle, una volta ripresi dall’emozione e dalla sorpresa di un tale spettacolo naturale, si può raggiungere in pochi minuti la Crête du Chardonnet seguendo il sentiero di cresta. Il panorama si apre a 360°, riempie gli occhi e l’anima. Mi prendo del tempo per assaporarlo appieno, per respirare a pieni polmoni l’aria frizzante dell’alta quota, per sentire il vento fresco sulla pelle, per lasciare lo sguardo libero di vagare. Nel silenzio umano, resto in ascolto delle montagne, della natura.
Da quassù si vede anche il lac de la Mine, che sorge vicino al colle e così chiamato per via di alcune antiche cave di grafite poco distante. Scendendo faccio una brevissima deviazione per raggiungerlo e ammirarne la superficie dal colore azzurro intenso. Giunta al pianoro palustre, seguo il sentiero che mi porta al refuge du Charonnet, che mi permette così di scoprire un altro angolo e una diversa prospettiva di questo sorprendente vallone.
Dal rifugio, il sentiero si inoltra in un lariceto e scende verso gli chalets de Laraux e ritorna infine al campeggio di Fontcouverte. Da segnalare come questo tratto di sentiero sia stato adattato per poter essere percorso da persone con disabilità motoria. Nel giorno della mia escursione, tra l’altro, al rifugio era presente un gruppo piuttosto numeroso di persone salite in joelette, a dimostrazione che il turismo accessibile rappresenta davvero una via percorribile.
Tra gli esempi virtuosi, mi sta a cuore segnalare come nel periodo estivo nella Vallée de la Clarée sia attivo un servizio di navette. In una valle che ha puntato tutto sul turismo lento e su un escursionismo sostenibile, questo servizio è un po’ il suo fiore all’occhiello: comodo, pratico e con passaggi davvero molto frequenti durante tutto l’arco della giornata. Niente a che vedere con le navette messe a disposizione qui nelle vallate piemontesi, dove spesso i passaggi sono poco frequenti e con orari che per gli escursionisti molto spesso non sono ideali. Auspico che possa essere preso ad esempio anche qui da noi, con politiche serie di investimenti e valorizzazione. Ne guadagnerebbe l’ambiente, la montagna e tutti noi.
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