In questo periodo di isolamento forzato e attesa, capita a pennello la lettura del romanzo Ultima neve di Arno Camenisch.
Scoperto girovagando tra gli stand del Salone del Libro lo scorso maggio, il libro non ha deluso le aspettative e mi ha permesso di conoscere un autore di cui non avevo mai sentito parlare.
Nato e cresciuto nel Cantone dei Grigioni, in Svizzera, Arno Camenisch scrive in tedesco e in romancio sursilvano: nelle sue pagine veniamo trasportati nel piccolo mondo della montagna, in particolare quella svizzera, con i suoi peculiari abitanti.
Protagonisti di questo romanzo sono “il” Paul e “il” Georg, due amici che gestiscono uno vecchio impianto di risalita in una imprecisata località sperduta tra i monti. Il libro è un lungo dialogo fra i due che scandisce le giornate, trascorse a fare manutenzione allo skilift, a prepararsi ad accogliere gli sciatori e ad aspettare la neve, sempre più rara a causa del riscaldamento globale.
Orapronobis, certo che quest’anno il Vecchio lassù se la prende comoda, sacramento, non sarebbe male se cadesse un po’ di neve, dice il Paul e guarda il cielo, ma quel somaro di Pietro si fa pregare e il suo capo ha altri pensieri. Si scherma gli occhi con la mano, ha in testa una cuffia di lana ed è fermo davanti alla baita dello skilift.
Nella solitudine del vecchio impianto, i due osservano il cielo e le nuvole, rievocano i ricordi di infanzia e giovinezza, parlano di amore, dei figli, degli abitanti del paese. Così come il ghiacciaio si scioglie sempre di più, trasformando inesorabilmente il paesaggio alpino, anche la vita, le abitudini e le persone cambiano: le botteghe chiudono, i giovani lasciano il piccolo paese, i turisti chiedono di pagare con le carte di credito.
Novelli Vladimir ed Estragon, Paul e Georg, tra una chiacchiera e l’altra, aspettano, in un atto di solitaria resilienza. Aspettano la neve, ma anche gli sciatori, sempre più scarsi. A fare da sottofondo alle loro storie, cariche di nostalgia ma anche di un amore profondo per quei luoghi, il rumore cadenzato dello skilift.
Si decidono o no ad arrivare, dice il Georg guardando giù verso il paese, con un tempo così, non si può imbroccare giornata migliore, se non oggi quando, ci si chiede, e legge l’orologio. Però è di nuovo lunedì, fa il Paul aprendo le braccia, e il lunedì è monello, quando andavamo a scuola noi, il professore delle medie, che era ancora il vecchio Capaul, non faceva tante storie se in giornate come questa ci prendevamo qualche ora d’aria, dice il Paul, fuori s’impara più che qui dentro, diceva e ci spediva allo skili.
Un romanzo breve, semplice eppure mai banale, dalla scrittura essenziale, dove i dialoghi tra i due personaggi scorrono armoniosi, in un flusso di pura oralità cadenzata dal ritmo della lingua romancia. In Ultima Neve, Arno Camenisch ci porta con ironia e leggerezza in un mondo che sta scomparendo sempre più velocemente, fagocitato dalla modernità e dal cambiamento climatico.
Un libro che si interroga con grande delicatezza sui grandi temi della vita e della contemporaneità, che non pretende tuttavia di dare alcuna risposta. Proprio come Paul e Georg, anche noi continueremo a osservare il cielo e ad aspettare…
Il Georg prende il pacchetto delle sigarette dalla tasca della giacca da sci e se ne infila una in bocca. Palpa le tasche alla ricerca dei fiammiferi. E noi ce ne stiamo qui come due pagliacci, a disposizione per i prossimi cinquant’anni, dice il Paul abbassando il binocolo, che strana carta abbiamo pescato. Verrebbe proprio voglia di tenere per i matti anziché per i santi.
Ultima neve, di Arno Camenisch, Keller editore, 2019, traduzione dal tedesco di Roberta Gado, pp. 104.
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