Mi capita a volte di affrontare la vita come se dovessi chiedere scusa. È un’immagine che lessi anni fa, non ricordo in quale romanzo o racconto: subito infastidita, la feci poi mia. Ciò che ci irrita, in fondo, non è altro che un riflesso di ciò che siamo, di un aspetto di noi che forse non vogliamo vedere e che vorremmo cambiare. Col tempo queste parole mi sono tornate spesso in mente e ancora oggi ogni tanto fanno capolino.
Ho una natura timorosa, inutile negarlo. Le cose nuove mi spaventano un po’, mi ci devo abituare con calma, voglio poterle osservare da lontano, annusarle e poi, forse, accettarle. La vita però non ti dà mai il tempo di farlo, e all’occorrenza bisogna fare un salto nel vuoto, anche se minuscolo.
Provare esperienze nuove che non avresti mai pensato di vivere è un buon modo per scrollarsi di dosso l’insicurezza. Non servono grandi imprese, basta seguire e assecondare le proprie passioni, fare ciò che più ci piace e ci fa star bene.
Tutto questo preambolo per dire che se esattamente un anno fa mi avessero detto che avrei dormito in tenda, in montagna, in mezzo alla neve, sarei scoppiata a ridere e avrei risposto: “Io? Ma figurati!”. Per poi rimanere col tarlo nella testa, perché in fondo l’idea mi ha sempre attratto.
“E quindi perché non lo fai?”
Di fronte a una domanda così non ci sono scuse, tutti i possibili alibi crollano miseramente. Così sono andata a dormire in tenda, in montagna, in mezzo alla neve ed è stata un’esperienza unica e bellissima.
Lo scenario era quello del Parco Naturale Orsiera Rocciavrè, presso il rifugio Toesca a Pian del Roc. Un piccolo angolo meraviglioso a pochi chilometri da casa, perché a volte non è necessario andare troppo lontano o inseguire le cime più alte per trovare la bellezza. I due giorni trascorsi lì mi hanno regalato panorami incantevoli, luci straordinarie, sovrumani silenzi, e profondissima quiete.
Due i momenti che mi hanno emozionata di più. Il primo è stato uscire dalla tenda al risveglio e riempirmi gli occhi col lieve passaggio delle nuvole che accarezzano le cime più alte, nel silenzio della natura, abbracciata dal candore della neve. Il secondo è stato durante la salita verso il Colle del Sabbione, con la natura che ha fatto sfoggio del suo fascino e incanto: la nebbia e la luce giocavano tra loro, scivolando sulle curve sinuose disegnate dal manto soffice della neve, creando un paesaggio magico, sospeso nel tempo, in un’altra realtà. La pura felicità dello sguardo.
Un grazie va al bravo Gabriele di Duma c’anduma, a Marco, il gestore del rifugio, a Valeria, Stefania, Giovanna, Andrea e Maura, miei compagni di avventura e risate.
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