Rifugio alpino. A cosa pensate quando leggete o sentite queste parole? A me viene in mente una piccola casetta incastonata tra le pieghe delle montagne, un luogo spartano ma caldo e accogliente, dove scambiare qualche chiacchiera con il gestore e cenare in un clima di semplicità e convivialità. Ecco, tutto questo l’abbiamo trovato al Rifugio Vaccarone, in alta Valle di Susa.
Lo scorso weekend ho avuto il piacere di accompagnare un piccolo gruppo per due giorni di trekking in alta quota, con pernottamento proprio al Vaccarone. La scelta di contenere il numero di partecipanti non è stato casuale: risponde non solo alla mia visione dell’escursionismo ma anche e soprattutto a quella che per me è l’esperienza del rifugio alpino. Ho dormito molte volte in rifugio, in strutture anche molto diverse tra loro, dalle più piccole e raccolte a quelle decisamente più grandi e organizzata in cui sei solo un numero tra i tanti (vedasi i rifugi per salire sui 4.000). Senza ombra di dubbio, preferisco quelli dalle dimensioni più contenute, in cui ti senti davvero accolto come a casa. Un luogo più intimo, in cui c’è il tempo di parlare, di confrontarsi, di guardare fuori dalla finestra e lasciare libera la mente.
Per il nostro weekend di trekking siamo partiti dal Grange della Valle e abbiamo seguito il sentiero forse più famoso e utilizzato per raggiungere il rifugio Vaccarone, ovvero passando dal passo Clopaca. Partiti nella nebbia più fitta, non abbiamo potuto goderci il panorama man mano che salivamo, ma, al contempo, ci siamo evitati il gran caldo nel pezzo più impegnativo.
Giunti al colle, ci siamo fermati per pranzare e, non appena ripartiti, le nuvole hanno cominciato a diradarsi. Le montagne intorno ci hanno sorpreso e stupito: finalmente riuscivamo ad apprezzare il bellissimo panorama! Lasciata alle spalle la salita, abbiamo proseguito lungo un bellissimo traverso con dolci saliscendi. Alla nostra sinistra i fianchi rocciosi delle montagne, alla nostra destra una veduta d’eccezione sulla bassa Valle di Susa. E per rendere il tutto ancora più emozionante, abbiamo intravisto diversi stambecchi lungo il percorso.
Giunti al rifugio Vaccarone a metà pomeriggio, dopo l’accoglienza calorosa di Andrea, il gestore, abbiamo avuto tempo di esplorare un po’ intorno alla struttura. Così siamo andati ad ammirare l’affaccio sul col Clapier e il Vallon de Savine, con il suo lago dall’azzurro tenue e delicato; di ritorno, ancora una piccola salita per goderci il blu intenso del lago dell’Agnello.
La sera è stato un momento conviviale, come se fosse una cena in famiglia o tra buoni amici di vecchia data. Davanti a un’ottima zuppa di legumi, abbiamo chiacchierato, riso, condiviso. Immancabile l’attenzione del gestore e del suo collaboratore, per sincerarsi che andasse tutto bene e faci sentire i benvenuti.
Dopo una notte trascorsa in camerata, con tutti i pro e i contro di tale situazione (non sempre è facile dormire in mezzo a tante persone!), ci siamo svegliati presto per uscire a vedere l’alba. Vedere il cielo rischiararsi piano piano fino ai primi raggi che spuntano da dietro i profili delle montagne è sempre un’emozione grandissima, un momento unico e speciale.
Dopo una sostanziosa colazione e le ultime chiacchiere con Andrea, abbiamo iniziato la nostra discesa, questa volta però passando dal ricovero Gias e attraversando verdi pianori ricchi di ruscelli e costellati di colorate fioriture alpine. Il gran caldo si è fatto sentire e ci ha messo tutti a dura prova, così come la lunghezza del percorso, ma giunti ai Denti di Chiomonte ci siamo ripresi con il pranzo e ci siamo preparati ad affrontare l’ultimo tratto di sentiero per tornare alle nostre auto.
Tutti stanchi, ma molto felici per i due giorni trascorsi insieme, all’insegna della semplicità e della condivisione, per la bellezza degli ambienti naturali e delle montagne, e per essere stati accolti con sincero calore al rifugio, sentendoci a casa anche in alta quota.
Leave A Reply