Era da tempo che volevo salire a Punta Imperatoria, cima più alta del Monte Civrari. L’ho sempre guardata dal basso, sia dalla Valle di Susa che dalla Valle di Viù, e il suo profilo massiccio mi ha sempre incuriosita, ma ho costantemente rimandato.
Così mi sono decisa a inserirla nelle mie escursioni in programma, “obbligandomi” a compiere finalmente l’ascesa per il sopralluogo. Il caso, poi, ha voluto che il mio compagno avesse finalmente un giorno libero e potesse accompagnarmi: occasione da cogliere al volo per poter tornare in montagna insieme dopo tanti mesi!
Siamo partiti da Niquidetto, grazioso paese situato sulla strada che dal Col del Lys scende a Viù, e abbiamo imboccato il sentiero n. 104 che parte proprio dietro la piccola chiesa. Si entra subito in un bellissimo bosco di faggi, dal verde brillante tipico della primavera, dove, lungo il sentiero, incontriamo alcuni ruderi di vecchie costruzioni in pietra. Il passo è buono, la voglia di camminare tanta, e in poco tempo raggiungiamo dei pascoli, da dove scorgiamo le case di Muande Frestè.
Il panorama che si apre davanti ai nostri occhi ci sorprende: siamo circondanti da montagne aspre e selvagge, dove intravediamo da lontano delle cascate davvero suggestive. Superiamo ancora un tratto di faggeta che si trasforma poi in un bosco di betulle ed entriamo infine nel vallone del Civrari.
Qui l’ambiente si fa impervio, severo: pietraie e rocce predominano, a lato del sentiero scorre vivace il rio Civrari. Superiamo un tratto di pietraia, poi proseguiamo su rocce montonate e attraversiamo il torrente. La salita si fa più impegnativa, ma anche più bella. Pian piano, il vallone si allarga e raggiungiamo il piccolo lago del Civrari.
Le nuvole la fanno da padrone, ma non ci scoraggiamo e affrontiamo l’ultimo ripido tratto di salita. Dalla cima di Punta Imperatoria dobbiamo immaginarci il panorama che si aprirebbe davanti ai nostri occhi. Il cielo coperto ci lascia intravedere qualche sprazzo di montagna intorno a noi e piccoli sprazzi di blu.
Ridiscendiamo veloci, ma la pioggia ci coglie lungo il percorso di rientro. Dapprima leggera, diventa più intensa, per poi smettere e lasciare spazio al sole e al blu intenso delle giornate di primavera dopo un acquazzone.
Ritorno alla macchina con l’animo sorridente. È stata un’escursione che mi ha riportato all’origine, all’essenza del mio andare in montagna. Ho lasciato per un momento da parte i pensieri legati all’aspetto professionale, e mi sono concentrata sul mio “perché”. Camminare non è solo raggiungere una vetta. Un’escursione è fatta di passi, di silenzi, di sensazioni ed emozioni. È meravigliarsi per il verde del bosco o per l’imponenza delle rocce. È sentire l’aria fresca e leggera sulla pelle, nelle narici. È ascoltare il suono del torrente e delle cascate, è fermarsi per ammirare ciò che ti sta intorno.
Se ho scelto di diventare una guida escursionistica è anche per trasmettere queste sensazioni ed emozioni alle persone che scelgono di affidarsi a me: al di là dell’obiettivo, quello che conta è il percorso, l’esperienza dello stare insieme, di rispettare noi stessi, le persone che sono con noi e l’ambiente che stiamo attraversando. Stimolare la curiosità per ciò che vediamo, lasciarci sorprendere per un panorama inaspettato o per la delicatezza di un fiore selvatico.
Camminare per il piacere di farlo, non per contare i passi, ma per assaporarli uno ad uno.
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