Mi ricordo perfettamente quando vidi le Levanne per la prima volta. Stavo percorrendo in auto la strada per Ceresole Reale, quando uscita dall’ultima galleria mi si stagliarono di fronte, imponenti, eleganti, irraggiungibili.
Da allora, sono ritornata più volte in Valle Orco, a Ceresole, al colle del Nivolet e ogni volta quei profili appuntiti mi hanno affascinata per la loro bellezza. Finché, qualche settimana fa, con gli amici non si decide di salire sulla Levanna Occidentale.
Partiamo in direzione Bonneval-sur-Arc, nel Parc National de la Vanoise, da dove inizia il sentiero per raggiungere il Refuge du Carro, dove trascorreremo la notte. Attraversiamo un vallone lussureggiante, ricco di torrenti e cascate, da cui si può ammirare quel che resta dei ghiacciai circostanti, messi a dura prova dal costante aumento delle temperature degli ultimi decenni.
Dopo circa tre ore e mezza di cammino, arriviamo al rifugio. Lì, ci aspetta un ambiente naturale incantevole, con i Lac Blanc e Noir, un’ampia veduta sulla Vanoise e la cima della Levanna Occidentale a guardarci dall’alto dei suoi 3593 metri.
Diffidate quando le vette “sembrano solo lì”! Partiamo alle 6 del mattino dopo e nonostante ci aspettino solo 900 metri di dislivello, la salita risulta lunga, impegnativa e faticosa. D’altronde è un sentiero di alpinismo, che sebbene classificato come facile, presenta le sue difficoltà, da non sottovalutare mai.
Ma si sa, le vette e i panorami che si possono godere da lassù vanno meritati. Non conquistati, la montagna non si può sottomettere né far propria. La si vive, la si sogna, la si conosce, la si rispetta. Semmai è lei a conquistarci, a sedurci e farci innamorare perdutamente.
Dalla cima, la vista spazia tra Francia e Italia. Qui le frontiere sono linee immaginarie tracciate sulla carta da uomini privi di immaginazione, perdono ogni significato, se mai ne hanno avuto uno.
Rimaniamo un bel po’ appollaiati lassù nonostante il vento forte, c’è più bellezza di quanto i nostri occhi riescano a catturare e forse nemmeno ci rendiamo davvero conto di dove siamo. Godiamo della vista sull’Haute Maurienne, dei ghiacciai dell’Albaron e delle sorgenti dell’Arc, dei piani del Nivolet con i suoi laghi, del Gran Paradiso, della Grivola, e, più in lontananza, del Monte Bianco che spunta tra le nubi e del Monte Rosa.
Credo che il raggiungimento di una vetta sia la somma di tante cose, che nulla hanno a che fare coi record e coi numeri: sogni, progetti, fatica, impegno, passione, collaborazione con i propri compagni, rinunce e un pizzico di follia.
Forse è per questo che i panorami da lassù sono così belli e speciali e ci rimangono impressi nell’anima, sogni di alte vette che ci accompagnano una volta ridiscesi a valle.
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[…] e tutte le cime che le fanno da corona. Guardando verso il Piemonte e la Francia, spiccano eleganti le Levanne, con il loro inconfondibile profilo […]