L’8 marzo non è solo una giornata di celebrazione, ma anche un’occasione per riscoprire storie di donne che hanno sfidato i limiti imposti dalla società. E quale contesto migliore per parlare di emancipazione se non quello della montagna? Linda Cottino, giornalista e alpinista, nel suo libro Una parete tutta per sé. Le prime alpiniste: sette storie vere ci porta alla scoperta di donne straordinarie che hanno lasciato un segno nell’alpinismo, spesso senza ricevere il riconoscimento che meritavano.
La montagna, una questione di genere?
Per secoli, l’alpinismo è stato considerato un’attività prettamente maschile. Il linguaggio stesso della montagna ricalca metafore belliche e di conquista, lasciando poco spazio all’immagine di una donna libera di scalare le proprie vette. Ma la realtà è ben diversa: fin dagli albori dell’alpinismo, le donne hanno affrontato pareti e ghiacciai, non solo per spirito di avventura, ma anche come affermazione della propria indipendenza.
Le protagoniste del libro di Linda Cottino non sono semplici comprimarie di imprese maschili. Sono pioniere che, tra Ottocento e primo Novecento, hanno saputo imporsi in un mondo che non le voleva protagoniste. Margaret Jackson, Lucy Walker, Meta Brevoort, Kate Richardson, Lizzie Le Blond, Mary Paillon e le sorelle Pigeon sono nomi che forse oggi dicono poco ai più, ma che hanno scritto pagine incredibili nella storia dell’alpinismo. Come Kate Richardson, che tracciò per prima la cresta tra l’Aiguille de Bionnassay e il Dôme du Goûter, un percorso che gli alpinisti uomini ritenevano troppo pericoloso. O come le sorelle Pigeon, che scesero dal Colle Sesia verso Alagna lungo un pendio ghiacciato considerato impossibile.
Mai più avremmo immaginato che quella traversata potesse creare tanto scompiglio nei circoli della Gran Bretagna, e persino oltre confine. Nei mesi seguenti, e per i tre anni successivi, riecheggiava una sola parola: impossible. […] Stupore, incredulità, scetticismo: ecco i sentimenti che permeavano le reazioni di tutti […].
Una parete tutta per sé: un libro tra storia, racconto e diario
Con un lavoro di ricerca meticoloso, Linda Cottino restituisce dignità a queste figure rimaste troppo a lungo in secondo piano. Il titolo stesso del libro richiama Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, sottolineando l’importanza di uno spazio proprio per le donne, sia nella letteratura che sulle montagne. La stanza diventa la parete, restituendoci non solo la dimensione del confronto diretto con l’ambiente di alta montagna ma anche rappresentando quel muro di difficoltà che le donne hanno dovuto affrontare nel corso della storia. Con un linguaggio intenso ma rigoroso, l’autrice non si limita a raccontare imprese, ma dà voce alle protagoniste, esplorando il loro desiderio di autonomia e il loro rapporto con la montagna.
Libertà in alta quota: le alpiniste che sfidarono le convenzioni
Il libro racconta le storie di donne che trovarono nella montagna un luogo di emancipazione e autodeterminazione. Kate Richardson, alpinista britannica dell’Ottocento, ricordava con gratitudine come l’alta quota l’avesse liberata dalle convenzioni sociali che la volevano dipendente da domestici e cameriere persino per allacciarsi le scarpe. Un dettaglio apparentemente semplice, ma che racchiude il senso più profondo dell’esperienza femminile nell’alpinismo di quel tempo: in vetta ciò che contava era la forza, la resistenza e la capacità di affrontare la sfida.
Le protagoniste di queste imprese erano spesso donne dell’alta borghesia e dell’aristocrazia, che trovavano nella scalata un’occasione per mettersi alla prova al pari degli uomini. Eppure, per quanto le loro ascensioni fossero tecnicamente paragonabili a quelle dei colleghi maschi, il riconoscimento sociale restava un traguardo ancora lontano. Emblematica è la storia di Mary Paillon, che volle farsi realizzare un biglietto da visita, la carte de visite: un gesto che oggi potrebbe sembrare banale, ma che per lei rappresentò un’affermazione di esistenza e di cittadinanza. In un’epoca in cui l’identità femminile era subordinata alla famiglia e al matrimonio, dichiararsi citoyenne equivaleva a rivendicare un diritto fondamentale: quello di essere riconosciute come individui autonomi.
Quanta acqua è passata sotto i ponti da quando ero solo “la figlia di Monsieur le Docteur” […]. Ce n’è voluto di tempo prima che fossi riconosciuta come Marie Paillon, semplicemente io. […] Intendo la citoyenne Marie Paillon. Sono fiera di poter dire che il sentiero me lo sono tracciato da sola. Come quando si sale in montagna con il solo obiettivo di raggiungere la cima, ma con il percorso tutto da cercare.
Linda Cottino, attraverso il suo racconto, restituisce dignità e voce a queste pioniere, mostrando come la montagna sia stata un laboratorio di libertà per molte donne, un luogo dove il corpo e la volontà contavano più delle rigide strutture sociali imposte dalla società dell’epoca.
Una parete tutta per sé è molto più di un libro di alpinismo: è una lettura fondamentale per chiunque voglia riscoprire una storia di resistenza e passione. Perché la montagna, come ogni altro ambito della vita, appartiene a chi ha il coraggio di affrontarla ed esplorarla.
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