Ci sono le giornate di sole, quelle che piacciono a tutti, e poi ci sono quelle uggiose, in cui la voglia di uscire proprio non c’è e vorresti solo restartene sotto le coperte senza far nulla.
Pensiamo alla pioggia, alle nuvole e al grigio e li associamo alla tristezza e alla malinconia. E in fondo, anche per me, sono le giornate perfette per versare qualche lacrima quando l’umore non è al massimo.
In questi mesi, però, quando le lacrime stavano diventando davvero troppe, ho imparato a scrollarmi di dosso il peso della nostalgia e a calzare gli scarponi, spingendomi oltre i miei “sentieri da pioggia”, quelli conosciuti e familiari. Cambiare prospettiva per cogliere alla sprovvista i pensieri bui, ribaltare punti di vista e farmi sorprendere da orizzonti inaspettati.
Non importa se una volta in cima non si riesce a godere di panorami sconfinati, quelli per i quali hai fatto tanta fatica. Le nubi, con la loro rincorsa insieme al vento, avvolgono e abbracciano ogni cosa, lasciandoti isolata e senza punti di riferimento. Il paesaggio diventa immaginario, potresti essere ovunque, essere chiunque.
Perdersi per ritrovarsi, perché se si rimane in ascolto, attenti, curiosi, fedeli a se stessi ma aperti ad accogliere infinite possibilità, il sentiero si palesa, prima incerto e forse solo sognato, poi sempre più chiaro e definito.
Si ritrova sempre la strada verso casa, verso la parte più vera di noi.
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