Il ciclismo, come tanti altri sport, parla ancora prettamente al maschile, ma fortunatamente le cose stanno un po’ cambiando. Sono infatti sempre più numerose le donne che inforcano i pedali e il libro di Mariateresa Montaruli, Ho voluto la bicicletta, è una ventata di aria fresca.
Giornalista, travel writer e blogger, Mariateresa Montaruli è stata la prima donna in Italia ad aprire un blog che parla di ciclismo tutto al femminile, dal curioso titolo Ladra di biciclette:
Sono una quasi ladra di biciclette. Una sera d’inverno ho trovato una bici da corsa triste e abbandonata. Era verde e con i fiori non ancora appassiti. Ho cominciato a scrivere di lei…
In Ho voluto la bicicletta, evoluzione su carta del suo blog, l’autrice ci racconta le sue esperienze di donna ciclista: dalle primissime armi e ai mille interrogativi su quale sia l’abbigliamento più adatto, alle pedalate sulle grandi salite che hanno fatto la storia di questo sport a due ruote. Il tutto condito con un pizzico di sana ironia.
Prima di trasformarmi in una blogger du bicicletta, io ero una di quelle che non distingueva una corona da un pignone. Una che non puliva nemmeno i temperini delle matite da trucco. Udito per la prima volta il termine «nipplo», il dado che raccorda il raggio al cerchione, mi sono chiesta cosa c’entrassero i capezzoli (in inglese, nipple) con la bicicletta.
Un po’ manuale per aspiranti cicliste, un po’ storia della bici al femminile, un po’ racconto di viaggi in bicicletta in Italia e all’estero, il libro è diviso in tre parti: Come sono diventata blogger di bicicletta, Cose che ho imparato con la bicicletta e Esperienze a pedali; in chiusura, è presente una breve appendice con indicazioni di base a chi si vuole approcciare alle uscite in bicicletta.
Il volume è una lettura piacevole, che scorre leggera come le pedalate in pianura con il vento a favore. È un invito a saltare in sella e scoprire il territorio da una nuova prospettiva, imparando a sincronizzare il movimento del nostro corpo con il respiro, il mezzo e l’ambiente circostante.
In bicicletta cominciavo a viaggiare senza filtri. La sensibilità si acuiva. La capacità di leggere il paesaggio pure. Un privilegio riservato ai lenti. A 22 chilometri all’ora la pelle si espone a ogni carezza di vento, alla minima variazione di luce e temperatura. In bicicletta, dietro ogni curva può aprirsi uno spettacolo inatteso, un incontro, una folata di profumo.
Un elogio della lentezza, della riscoperta del proprio corpo, risorsa e limite allo stesso tempo. Ma anche riscoperta del territorio, vicino casa oppure in altre regioni. Mezzo ecologico per eccellenza, la bicicletta può aiutarci a far rivivere territori considerati marginali, a ristabilire una connessione con questi luoghi, ricchi di storie che aspettano di essere raccontate.
La percezione dell’ambiente di dilatava. Praticavo una sorta di etimologia ciclistica: non solo la pratica di conoscere il mondo attraverso l’origine delle parole, ma quella di leggerlo attraverso le forme che assumeva, osservate dall’alto di un sellino. Che bello andare in bicicletta così.
La parte dedicata ai racconti di itinerari ciclistici e cicloturistici che Mariateresa Montaruli ha percorso fa venire voglia di partire subito in bici. In ognuno di essi, si trovano non solo le informazioni necessarie per ripercorrere lo stesso itinerario, con i dettagli tecnici di lunghezze e dislivelli, ma anche il racconto del suo vissuto personale e la narrazione del territorio attraversato.
Ho voluto la bicicletta è quel punto di vista che ancora troppo spesso manca al mondo delle due ruote, un libro adatto a curiosi, neofiti, appassionati ma anche esperti. Leggendolo, si impara che che il ciclismo è molto di più dell’atto sportivo del pedalare, ma è un grande universo tutto da esplorare, fatto di luci, variazioni di vento, paesaggi, panorami e sensazioni.
Ho voluto la bicicletta, Mariateresa Montaruli, Vallardi, 2021, pp. 228.
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