La situazione globale attuale non è certo serena: ogni giorno siamo circondati da notizie, immagini e filmati di guerre e violenze. Dai Paesi che si sembrano più lontani (ma che in realtà sono molto più vicini a noi di quanto vogliamo credere) alle città in cui viviamo, è difficile non soccombere al pessimismo e alla rassegnazione. Per fortuna ci sono le storie, quelle belle, che hanno il potere di farci viaggiare, sorridere, piangere, riflettere, conoscere, sperare. È il caso di Ero roccia ora sono montagna, di Nasim Eshqui, un libro autobiografico scritto in collaborazione con la documentarista italiana Francesca Borghetti. Una collaborazione che ha portato nel 2020 alla realizzazione del film “Climbing Iran”, presentato al Trento Film Festival.
Pioniera dell’arrampicata sportiva outdoor e unica climber professionista iraniana che pratica l’arrampicata all’aperto, Nasim è nata a Teheran il 21 marzo 1982, primo giorno di primavera. Cresciuta sotto l‘oppressione del governo iraniano, questo libro è il racconto della sua vita, del suo spirito libero e indomito, proprio come il suo nome, che in persiano significa “brezza“. Bambina ribelle e amante dello sport, dalla risata dirompente che rappresentava una vergogna per la sua famiglia, pagina dopo pagina ci fa entrare in un mondo a noi per lo più sconosciuto, fatto di divieti, repressioni, minacce e ritorsioni. Ma ci racconta anche della bellezza della sua terra e della sua lingua, della poesia e della lunga e burrascosa storia dell’Iran.
Dapprima campionessa di kickboxing, si scopre più forte di tanti uomini. Grazie allo sport inizia a mettere in discussione il suo desiderio di essere uomo:
In diverse occasioni mi scoprii più forte di tanti uomini: potevo sostenere pesi importanti o correre più veloce. In fondo, dicendomi che volevo essere un uomo, davo credito a tutti i maschi più deboli di me […]. Iniziai allora a chiedermi: «Uomo oppure donna? Che cosa, realmente, voglio essere?». Volevo essere una donna. Una donna molto preparata e al massimo della prestazione fisica.
All’università conosce l’arrampicata, durante una giornata in cui accompagna il gruppo alpinistico dell’ateneo. Il contatto con la roccia la trasporta in una nuova dimensione, in cui sperimenta il sapore di una libertà che nella vita di tutti i giorni le era negata: nessun hijab, nessun vestito lungo, solo gli ostacoli che la montagna e la forza di gravità ti mettono di fronte.
Il contatto con quella parete mi metteva inaspettatamente in connessione con la parte più segreta di me e con i miei desideri più profondi. Mi sentivo libera di fronte alla verità, come davanti a uno specchio.
Una passione che non l’ha più abbandonata e che l’ha portata ad aprire oltre cento nuove vie ad alta quota sulle montagne dell’Iran, dell’Armenia, dell’India e dell’Europa. Una passione che l’ha portata a trovare nella natura la sua dimensione ideale, e che l’ha portata a compiere scelte difficili e a rinunciare a tutto. Anche al suo Paese.
In Iran, se sei donna, nonostante il talento non sei presa sul serio e fare sport è considerato una perdita di tempo. La società la vorrebbe sposata, con il capo sempre coperto e un lavoro “normale”. Perseguire la sua passione è pericoloso: sempre attenta a come si comporta, a ciò che dice, alle interviste che rilascia, cercando di state il più lontana possibile dalla città e dalla polizia morale.
Nonostante le mille difficoltà, in Iran Nasim si dedica all’insegnamento dell’arrampicata, soprattutto alle bambine, per trasmettere coraggio e fiducia, apre nuove vie di arrampicata, chiede visti per viaggiare in Europa e Asia. Finché il 16 settembre 2022, quando si trovava a Chamonix, le giunge la notizia della morte di Mahsa Amini: entrata viva in commissariato, da lì fu trasportata d’urgenza in ospedale quando ormai la morte celebrale era già avvenuta.
[…]Qualcosa di era definitivamente rotto. Iniziai a parlare e a pubblicare messaggi apertamente contrari al regime. Condannavo l’oppressione, volevo sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione delle donne in Iran. […] Non potevo più stare zitta. La Nasim silenziosa è morta con Mahsa, e una nuova Nasim è sbocciata.
Così decide di non tornare più in Iran e non sa se e mai potrà tornarci. La scelta di vivere come un vivo e non come un morto, senza voce.
Ero roccia ora sono montagna è un’opera intensa, profonda eppure al tempo stesso leggera come la brezza. Una narrazione che ci fa compiere un vero e proprio viaggio, che ci ricorda di non dare mai per scontati diritti e libertà acquisiti. Nel raccontare la sua storia, Nasim ci invita a riflettere sul concetto di libertà, sui nostri desideri, le nostre verità e passioni.
Come leggere o andare in bicicletta, anche la libertà è qualcosa che, una volta appresa, non è più possibile disimparare.
Nasim Eshqi, Francesca borghesi, Ero roccia ora sono montagna, Garzanti, Milano, 2024, pp. 192.
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