Quando un caro amico ti chiama e ti propone un’escursione in montagna è molto difficile dire di no, soprattutto se di questa persona ti fidi e sai che, qualunque sia la scelta della destinazione, sarà una meta che difficilmente potrà deludere. È stato esattamente così per la Rocca Bianca in Val Pellice, una cima per me completamente sconosciuta, così come la maggior parte della valle, solitamente fuori dalle mie rotte di esplorazione montana, ma che mi ha saputo sorprendere per la bellezza dei panorami… e anche per la salita inattesa!
Partenza all’alba da casa, con un cielo coperto da spesse nubi plumbee che non promettevano nulla di buono. Man mano che ci inoltriamo nella Val Pellice, però, iniziano a diradarsi, lasciando spazio al cielo azzurro intenso del primo mattino. Con l’auto raggiungiamo Bobbio Pellice e risaliamo la Comba dei Carbonieri fino al Rifugio Barbara Lowrie, punto di partenza della nostra escursione. Nell’ombra, attraversiamo il bellissimo pianoro su cui sorge il rifugio e iniziamo a salire seguendo il sentiero GTA e iniziando a calpestare un po’ di neve. Voltandoci, guardiamo le nuvole che, più in basso, tengono in ostaggio la valle e speriamo che rimangano laggiù, lasciandoci il tempo di completare il nostro giro.
Immersi in un bosco di larici e sempre nell’ombra, iniziamo a sprofondare sempre più nella neve, prima fino alle ginocchia, poi in alcuni punti fino ai fianchi. Continuare diventa difficoltoso e ben poco divertente, così decidiamo di deviare molto prima del Colle Proussera e tagliare dritto in verticale fino alla cima della Rocca Bianca, così da evitare il più possibile di procedere nella neve. Abbandonato il sentiero, ci affidiamo all’intuito e ai piedi per avanzare. La pendenza è decisamente importante, ma, un passo dopo l’altro, senza fretta, la meta si avvicina. Impossibile non ammirare il sole che si posa sulle punte dei larici e le rocce calcaree (la Rocca Bianca deve il suo nome proprio ad esse) dalle forme più curiose.
Finalmente raggiungiamo la cresta e lì il lo sguardo si apre su tutta l’alta valle e le montagne circostanti. Ancora qualche metro di salita e raggiungiamo la cima a quota 2220 metri, splendido punto panoramico a cavallo tra la conca del Rifugio Barbara e il Vallone della Gianna. Ci godiamo la vista, il fascino dei monti e il momento presente. Lassù, esiste solo il qui e ora, le preoccupazioni, i pensieri, gli affanni sono rimasti in pianura.
Dopo le foto di rito, iniziamo la nostra discesa, inventandoci nuovamente l’itinerario per evitare nuovi sprofondamenti nella neve. Percorriamo un tratto di cresta, poi tagliamo un’altra volta in verticale, puntando il sentiero molto più in basso. Tra larici, rododendri e piante di mirtilli, troviamo la nostra via e in poco tempo seguiamo di nuovo i segni bianco e rossi che indicano il sentiero. Ora camminiamo nel tiepido sole del mattino e la conca in sui sorge il rifugio acquista un nuovo fascino: il verde brillante della prima erba, l’arancione e il marrone dei fianchi delle montagne intorno, il bianco e il violetto brillanti dei crocus che punteggiano l’ampio prato, il torrente che scorre a lato e gorgheggia allegro.
Siamo tornati alle auto, è ora di tornare, ma non senza prima un meritato pranzo in compagnia lungo la strada, per continuare a condividere insieme la giornata e l’esperienza vissuta.
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